"In Senegal vale questa regola: di fronte ad uno più giovane di te, sei tu più vecchio, a dover dare l'esempio; se il più giovane si dimostra coraggioso, l'anziano deve esserlo ancora di più. Io il coraggio me lo davo scrivendo a casa, ai familiari. Mi illudevo che la realtà fosse diversa, forse quella che raccontavo, per tranquillizzarli: senza poliziotti, senza sequestri, senza fame."
Libro strano.
Argomento controverso.
Comprai questo libro diversi anni fa; nel 1990 per l'esattezza.
Poi finì nel dimenticatoio, sballottato tra i vari traslochi, rimandato per momenti più tranquilli, surclassato da qualche altro volume più interessante, più urgente, più di moda in quel periodo.
Ed eccomi qua. A leggerlo proprio adesso. Adesso che di quegli anni non è rimasto niente.
Niente di simile riguardo agli immigrati, ai "vu' cumprà", come li abbiamo sempre chiamati.
Avrei dovuto leggerlo negli anni '90, quando l'africano, il marocchino, era il venditore.
Era quello simpatico che sulla spiaggia ci faceva vedere gli ultimi braccialetti alla moda, le imitazioni delle borse costose, che ci inseguiva con gli accendini, quello che ci strappava anche un po' di ilarità.
E infatti questo libro parla proprio di questo. Della vita di uno di quei "vu' cumprà", Pap Khouma appunto, che approda in Italia dal Senegal per fare fortuna. Per imparare da noi italiani a fare soldi, per imparare a lavorare.
Mi interessava proprio questo, quando lo comprai: capire le motivazioni.
Cosa spinge un uomo a lasciare la propria terra per approdare in un paese più o meno ostile e cercare di arrabattarsi in qualche maniera per crearsi un lavoro, o per lo meno per raccimolare qualche soldino da portare magari a casa alla propria famiglia.
L'AUTORE
Pap Khouma è nato a Dakar, naturalizzato italiano.
E' immigrato in Italia nel 1984, iniziando la sua carriera di venditore ambulante e finendo poi per essere iscritto all'albo dei giornalisti stranieri. Conosce 4 lingue (wolof, francese, inglese e italiano).
Ha scritto altri due libri e attualmente lavora in una libreria milanese. Oggi si occupa di cultura e letteratura, è stato relatore in numerosi convegni sull' immigrazione, ha tenuto corsi di aggiornamento per insegnanti sull'integrazione e alcuni suoi brani sono inseriti in numerose antologie scolastiche.
L'AUTORE
Pap Khouma è nato a Dakar, naturalizzato italiano.
E' immigrato in Italia nel 1984, iniziando la sua carriera di venditore ambulante e finendo poi per essere iscritto all'albo dei giornalisti stranieri. Conosce 4 lingue (wolof, francese, inglese e italiano).
Ha scritto altri due libri e attualmente lavora in una libreria milanese. Oggi si occupa di cultura e letteratura, è stato relatore in numerosi convegni sull' immigrazione, ha tenuto corsi di aggiornamento per insegnanti sull'integrazione e alcuni suoi brani sono inseriti in numerose antologie scolastiche.
LA TRAMA
Non è affatto facile narrare la trama di questo libro perché più che di trama, si tratta di un rapido susseguirsi di eventi dal momento in cui Pap Khouma arriva in Italia e comincia quella che diventerà la sua esperienza più dura ma in assoluto più ricca.
I suoi passi in Europa si muovono tra Milano, Riccione, Germania, Parigi.
E' un libro scritto a 4 mani perché nasce dall'intervista che Oreste Pivetta fa a Pap Khouma cercando di tirare fuori dai suoi racconti la traccia di un'esistenza fatta spesso di frustrazioni, di soprusi, di momenti di debolezza (anche fisica) di speranze e di amicizie; amicizie nate proprio dall'essere accomunati da questa volontà di rivendicarsi come uomini capaci di badare a se stessi.
E' una vita disegnata intorno alla vendita ambulante e condotta nell'illegalità, vivendo in condizioni precarie, numerosi all'interno di uno stesso appartamento; sempre in fuga perché senza permessi di soggiorno.
Fino ad arrivare, alla fine, alla conquista di un lavoro, del permesso di soggiorno, della casa, dell'integrazione.
COSA NE PENSO
Molto difficile parlare di questo libro.
Molto difficile discuterne adesso, in un momento dove l'integrazione in Italia è l'ultima cosa di cui vogliamo sentir parlare. Soprattutto dopo quanto accaduto negli ultimi anni, dove abbiamo visto sbarcare in Italia migliaia di immigrati in fuga dalle guerre e alcuni anche in cerca di una vita dignitosa. Dico "alcuni" perché non sempre gli uomini che arrivano in cerca di salvezza qui, sono disposti a rispettare il nostro paese. E questa è purtroppo una cosa che va detta. Abbiamo visto tante violenze ultimamente, tanti soprusi. E non sono i soprusi subiti dagli immigrati, bensì i soprusi subiti da noi italiani per mano di persone disperate, irrispettose e per certi versi ingrate.
Non voglio addentrarmi in discorsi politici che non sono propri di questo spazio, mi fermo qui quindi.
Magari posso dire che negli anni '80 e negli anni '90 le cose erano certo diverse.
L'idea di integrazione era sicuramente un'idea più vicina. L'idea che il nostro Paese stesse avviandosi, anche tra mille dubbi, a considerare parte di sé persone di altre lingue, culture e religioni era veramente più vicina e auspicabile di quanto non lo sia purtroppo ora.
Leggete quindi questo libro, se lo volete, senza rabbia, senza desiderio di vendetta, senza pensare a cosa vuol dire oggi integrazione. Senza pensare a cosa vuol dire oggi immigrazione. Leggetelo come lo avreste letto negli anni '90.
Diversamente non riuscireste a "coglierlo".
"Gli anni da cane che mi sono lasciato alle spalle continuano a perseguitarmi. Mentre sudo e ansimo, cercando con le mani i gradini che dovrebbero portarmi a casa, penso alle fatiche e alle privazioni, alla fame passata, ai giorni in cui l'unico cibo era pastone di farina, zucchero e acqua, al freddo, alle paure e alle angosce che mi porto appresso da sempre. Penso ai medici della Legione Straniera, che a Parigi mi avevano dichiarato "non idoneo" per problemi di stomaco. Povero me. Avevano ragione loro, malgrado le mie dichiarazioni di buona salute."Un baciotto
Ross